26 giugno 2023 / 04:00 PM

Propensity Model: Efficacia con Open Banking e AI

SDG Blog


Oggi, innovazione tecnologica e normativa riescono, assieme, a rendere davvero efficaci i continui tentativi di affinare i propensity model per realizzare campagne di marketing mirate e quindi con un maggiore tasso di conversione. Si parte sempre dai dati, ma l’open banking ne aumenta la quantità e l’intelligenza artificiale aiuta a valorizzarli al meglio, tanto che nel settore bancario e assicurativo si riescono a registrare notevoli passi avanti sia dal punto di vista del business che da quello del cliente finale. 

Oggi, innovazione tecnologica e normativa riescono, assieme, a rendere davvero efficaci i continui tentativi di affinare i propensity model per realizzare campagne di marketing mirate e quindi con un maggiore tasso di conversione. Si parte sempre dai dati, ma l’open banking ne aumenta la quantità e l’intelligenza artificiale aiuta a valorizzarli al meglio, tanto che nel settore bancario e assicurativo si riescono a registrare notevoli passi avanti sia dal punto di vista del business che da quello del cliente finale. 

 

Da business ruled based a data driven: il propensity model evolve  

Prima di analizzare l’evoluzione del propensity model, è essenziale chiarirne lo scopo per meglio sottolineare come, uno strumento certo non nuovo a chi si occupa di marketing, possa diventare molto più efficace grazie a tecnologia e innovazione. Già da anni viene infatti utilizzato a scopo predittivo per identificare i clienti con la massima probabilità di acquisto verso un certo prodotto e i fattori che li influenzano. 

Si parte dall’analisi e dall’esplorazione dei dati che le banche hanno a propria disposizione in grandi quantità e si individuano dei profili, chiamati “personas”, utili per creare e categorizzare diversi livelli di propensione all’acquisto di determinati prodotti bancari come ad esempio carta credito, prestiti personali oppure soluzioni di investimento. L’output di ogni propensity model, anche del più semplice, deve essere sempre un numero o un simbolo che quantifichino la possibilità che un individuo possa comprare un certo prodotto. 

Lo scopo non è cambiato col tempo, si continua a voler comprendere “a chi vendere cosa”, ma oggi si può adottare un approccio data driven e non più business rules based, ovvero non più guidato da parametri tradizionali come il reddito disponibile o l’età. Partendo dalla mera osservazione dei dati, con l’aiuto delle nuove tecnologie e con sempre più informazioni a disposizione, si riescono infatti a individuare attraverso avanzati modelli di analisi statistica dei nuovi insights in grado di influenzare la propensione all’acquisto anche in maniera “improbabile”. Seguendo le logiche di business forse non li si avrebbe mai inclusi nel proprio propensity model, ed è questo ciò che fa la differenza. 

Per poter sviluppare questo tipo di modelli, è necessario combinare differenti competenze: quelle di business, legate alla conoscenza e all’esperienza nel settore specifico, e quelle di data science, focalizzate sulle modalità di analisi dei dati e sugli algoritmi più innovativi per svolgerla. 

Affinché un propensity model possa poi dare concretamente i suoi frutti portando vantaggi al business di una banca, è essenziale un terzo tipo di competenze, quelle più tecnologiche, per inserirlo agilmente all’interno dell’architettura di cui il cliente dispone. Non è un passaggio banale: in questa fase possono emergere dei vincoli tecnologici frenanti ed è importante che il team che si occupa di un propensity model sia in grado di superarli. 

 

Con l’Open Banking sempre più dati 

Questa combinazione di tre competenze - business, analisi e tecnologia - rende più efficaci i propensity model in qualsiasi settore siano applicati, ma è solo nel settore bancario che gioca un ruolo fondamentale l’Open Banking.  

Questo nuovo modo di fare banca, più aperto, competitivo e data driven, abilitato dalla PSD2 e supportato dall’utilizzo delle API, obbliga tutti a condividere le informazioni dei propri clienti, previo loro consenso. Nel caso di utenti sia aziendali che privati, in possesso di differenti conti, quindi, una banca grazie all’account aggregation può conoscere i loro comportamenti e i loro modi di acquisto a 360 gradi. Si passa così da una visione ristretta a una completa, ampliando notevolmente il set informativo di dati a supporto del modello che diventerà più accurato e preciso. 

 

Propensity model intelligenti a supporto del business 

Un forte contributo all’efficacia dei propensity model data driven deriva dall’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale, che intervengono in tre differenti stadi del processo. 

Per prima cosa, permettono di identificare soggetti con profili il più possibile simili ad altri per cui si hanno a disposizione maggiori informazioni; questo serve per arricchire il set di dati e ridurne la variabilità. Impiegando avanzati modelli di Machine Learning (ML) e Artificial Intelligence (AI), inoltre, si possono classificare soggetti con propensione maggiore o minore per alcuni prodotti in modo flessibile, imparando dal passato, per identificare delle soluzioni non banali presenti nei dati. Invece che basarsi solo sulle modalità di utilizzo del conto corrente o degli strumenti finanziari a disposizione, si possono così utilizzare anche relazioni arbitrarie e non lineari individuate grazie alla statistica e all’AI per migliorare ulteriormente il modello e individuare i soggetti non solo più propensi, ma anche potenzialmente in grado di effettuare un acquisto. 

Prima di partire con la campagna marketing vera e propria, ottimizzata dal propensity model, per verificarne la bontà se ne testano infine le performance su un numero ridotto di soggetti scelti confrontandola con quella ottenuta su un campione casuale. 

 

Perché creare un propensity model intelligente?  

Open banking e intelligenza artificiale assieme concorrono alla realizzazione di modelli sempre più precisi nell’identificare gruppi di soggetti a cui proporre specifici prodotti bancari contando su un buon riscontro che si traduce in una conversion rate alta, una vera soddisfazione per chi fa marketing e grande opportunità per chi fa business. Più è alta, più il propensity model ha funzionato, minori diventano i costi delle campagne legati alla diminuzione del numero di persone o aziende a cui sono rivolte. 

A questi due vantaggi, immediati e facilmente misurabili, se ne aggiunge uno meno semplice da monitorare ma non per questo meno importante. Si tratta del miglioramento del rapporto con il cliente che, grazie a una attenta e precisa targettizzazione delle promozioni, verrà coinvolto solo per prodotti e soluzioni che realmente potrebbero interessarlo ed è quindi meno probabile che possa essere infastidito dalle comunicazioni che riceve. 

 

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